Con grandissimo ritardo rispetto all'emergenza in corso arriva finalmente la decisione di sospendere i collegamenti e i trasporti delle persone da e per la Sardegna.
Il buon senso avrebbe imposto di agire in questo modo almeno una settimana fa, permettendo così alla Sardegna di restare zona free virus. Invece abbiamo consentito l'arrivo dalle aree rosse di oltre 13mila persone. Il pericolo di una epidemia di massa non è dunque ancora scongiurato.
Passata l'emergenza sarà necessario affrontare tutti gli aspetti politici di questa crisi, a cominciare dalle prerogative della regione Sardegna in materia di sicurezza e salute pubblica.
Caminera Noa aveva chiesto la sospensione degli ingressi nell'isola non appena si è compresa la gravità della situazione. Una prerogativa che sarebbe dovuta essere del Presidente Solinas il quale, senza tentennamenti, avrebbe dovuto e potuto fare di più per ottenere sin da subito che le ragioni dell’Isola venissero ascoltate dal Governo centrale.
La misura adottata mette una pezza agli arrivi dalle zone rosse che, come denunciato da più parti, sono proseguiti, nonostante i divieti sino a tutta la giornata di ieri 14 marzo, evidentemente, nella totale assenza di controlli in partenza. Una misura tampone dunque, che mette in luce i limiti della gestione dell’emergenza da parte del governo italiano nonché i limiti strutturali di uno Stato che ci costringe a soccombere alle decisioni prese dalle regioni ricche del nord Italia.
Ci sarebbe da chiedersi cosa sarebbe successo se il virus fosse partito dal Sud Italia, dalla Sicilia o dalla Sardegna. Come si sarebbe comportato il governo italiano? Avrebbe permesso con tanta leggerezza l’espandersi dell’epidemia nel “nord ricco e produttivo” o avrebbe messo repentinamente in atto tutte le misure necessarie per impedirlo? Ciò a cui abbiamo assistito è stata solo improvvisazione e una netta sottovalutazione del problema, al punto da dover ricorrere alle misure estreme a cui siamo sottoposti quando ormai l’incendio era divampato.
Ma non è tutto, la crisi in corso ci sbatte in faccia il fallimento del sistema liberista. La gestione della sanità basata sul profitto e sulla carriera di manager e supermanager che ha portato nel corso degli ultimi dieci anni ad un drastico ridimensionamento della sanità pubblica a favore di quella privata, tagliando posti letto, chiudendo reparti e ospedali nei piccoli centri, che ora ci avrebbero dato la possibilità di affrontare meglio l’emergenza e fornire serenamente il nostro aiuto alle regioni più colpite.
Questa crisi getta la maschera anche di coloro che hanno fatto propria la retorica sui porti chiusi, avvallata dallo stesso Conte. Una retorica che si infrange sulla paura di chi, in preda a irrazionalità, arroganza ed egoismo, nei giorni scorsi si è messo in viaggio dalle zone rosse – dove non c’è nessuna guerra, dove non si muore di fame e dove lo Stato ha sempre decantato la massima efficienza in termini di servizi al cittadino – riversandosi nelle loro seconde case in Sicilia, Puglia, Toscana, Süd Tirol o Sardegna, incuranti della sicurezza di quelle Regioni e non certo preoccupati della potenziale trasmissione della malattia alle popolazioni locali.
Comprendiamo la preoccupazione dei sindaci e delle comunità di Carloforte e de La Maddalena di fronte al blocco dei trasporti verso le due isole. Esprimiamo solidarietà e vicinanza alle due comunità e ribadiamo che l’unico modo per evitare di esporle al contagio è l’allontanamento dei non residenti, cosa che consentirebbe l’applicazione di misure per loro meno stringenti.
Riteniamo che lo Stato italiano si debba far carico, una volta superata l’emergenza, degli ingenti danni economici procurati all’Isola, e non accetteremo alcuna scusa che possa in qualche modo riversare la maggior parte degli indennizzi al nord anziché assistere ad una equa distribuzione su tutto il territorio dello Stato.
Qualcuno sosterrà che questo non sia il momento delle polemiche. Noi riteniamo invece importante riflettere sul futuro della Sardegna specialmente in queste ore di grande incertezza e preoccupazione. Riteniamo importante rimettere al centro del dibattito politico il diritto di decidere dei sardi, per non vedere mai più messa a repentaglio la loro sicurezza, rilanciando una battaglia per la difesa della sanità pubblica e il diritto all’autodeterminazione. Allo stesso modo denunciamo l’imbarazzante silenzio della stragrande maggioranza dei partiti italiani, che nell’isola si palesano solo per chieder i voti ma che scompaiono nel momento del bisogno.