Interverranno:
Roberto Loddo, Il Manifesto Sardo
Omar Onnis, storico e scrittore
Stefano Puddu Crespellani, Sardegna Possibile
Cristiano Sabino, attivista di Caminera Noa e saggista
Lorenzo Paolicchi, Friday for Future
Paola Pilisio, ambientalista
Sandro Roggio, architetto
Nicolino Camboni, Rifondazione Comunista
Nicolino Camboni, Rifondazione Comunista
Perché «popolare». Il primo maggio è la festa dei lavoratori. In Sardegna sono molte le persone che il lavoro l’hanno perso o che purtroppo lo perderanno in seguito alla pandemia da Covid-19. E sono molte le persone che pur di poter lavorare dovranno rinunciare ad ogni tutela, ad ogni diritto. La questione del lavoro, del non lavoro, del lavoro fantasma e del lavoro senza diritti è destinata a diventare sempre più centrale. Dalla gravissima crisi delle piccole partite IVA, alla condizione assai problematica dei precari sardi della scuola e dei dipendenti Auchan, alla truffa dei tirocini che spesso coprono situazioni di lavoro nero, alla mai sopita questione dei pastori con annessa la questione del prezzo del latte e della concorrenza sleale dell’agroalimentare e al dimenticato dibattito sugli artigiani. La questione sarda è la questione del lavoro dei sardi.
Perché «verde». Anche la questione della tutela, anzi per meglio dire, della salvezza stessa dell’ambienta, sarà sempre più impellente, a partire dai due punti all’ordine del giorno: l’assalto alle coste e la dorsale del metano. Sullo sfondo di queste due nuove aggressioni all’ambiente si erge, come una ferita mai dimenticata, la questione delle bonifiche dei tanti punti dolenti del saccheggio ambientale che ha subito la Sardegna da parte di industria militare e civile, con l’avallo dello Stato italiano e di una classe politica locale cinica e venduta. La questione sarda è la questione della salvezza dell’ambiente.
Perché «sarda». La questione che accompagna la Sardegna da almeno seicento anni: la necessità di un autogoverno realmente democratico che sia compatibile ed armonico con gli interessi e con la vita di chi in Sardegna ci vive o progetta il suo futuro. Un’isola che è anche una storia, che è anche una civiltà, che è anche un popolo e che spesso paradossalmente viene concepita come periferia e come moneta di scambio da quella politica che dovrebbe e potrebbe farla uscire dalla sua condizione di subalternità. La questione sarda è la questione dell’autogoverno e della democrazia compiuta dei sardi.
Ne parleremo con le tante figure politiche e intellettuali con cui abbiamo intrecciato il nostro nuovo cammino. A questo dibattito ne seguiranno altri, nella prospettiva di costruire un terreno politico fertile capace di uscire fuori dalle pastoie del settarismo e del movimentismo. Ci serve tanta democrazia e pluralità e contemporaneamente ci serve organizzazione e coordinamento. Ci serve dibattito e studio ma ci serve contemporaneamente saper riallacciare i fili con quelle persone di fronte alle qual spesso abbiamo parlato linguaggi incomprensibili, noiosi, perfino pericolosi. Ci serve un cammino nuovo nel solco di un movimento popolare, non solo a parole o nella comunicazione, ma nella pratica di lotte e proposte che sappiano cucire quelle tante esperienze che in cuor loro desiderano una Sardegna veramente diversa.
Perché «verde». Anche la questione della tutela, anzi per meglio dire, della salvezza stessa dell’ambienta, sarà sempre più impellente, a partire dai due punti all’ordine del giorno: l’assalto alle coste e la dorsale del metano. Sullo sfondo di queste due nuove aggressioni all’ambiente si erge, come una ferita mai dimenticata, la questione delle bonifiche dei tanti punti dolenti del saccheggio ambientale che ha subito la Sardegna da parte di industria militare e civile, con l’avallo dello Stato italiano e di una classe politica locale cinica e venduta. La questione sarda è la questione della salvezza dell’ambiente.
Perché «sarda». La questione che accompagna la Sardegna da almeno seicento anni: la necessità di un autogoverno realmente democratico che sia compatibile ed armonico con gli interessi e con la vita di chi in Sardegna ci vive o progetta il suo futuro. Un’isola che è anche una storia, che è anche una civiltà, che è anche un popolo e che spesso paradossalmente viene concepita come periferia e come moneta di scambio da quella politica che dovrebbe e potrebbe farla uscire dalla sua condizione di subalternità. La questione sarda è la questione dell’autogoverno e della democrazia compiuta dei sardi.
Ne parleremo con le tante figure politiche e intellettuali con cui abbiamo intrecciato il nostro nuovo cammino. A questo dibattito ne seguiranno altri, nella prospettiva di costruire un terreno politico fertile capace di uscire fuori dalle pastoie del settarismo e del movimentismo. Ci serve tanta democrazia e pluralità e contemporaneamente ci serve organizzazione e coordinamento. Ci serve dibattito e studio ma ci serve contemporaneamente saper riallacciare i fili con quelle persone di fronte alle qual spesso abbiamo parlato linguaggi incomprensibili, noiosi, perfino pericolosi. Ci serve un cammino nuovo nel solco di un movimento popolare, non solo a parole o nella comunicazione, ma nella pratica di lotte e proposte che sappiano cucire quelle tante esperienze che in cuor loro desiderano una Sardegna veramente diversa.