CORONAVIRUS: Caminera Noa chiede sia fatto lo Screening


Il 31 gennaio il Consiglio dei Ministri dichiarava lo “stato di emergenza per la durata di sei mesi in conseguenza del rischio sanitario connesso al Covid-19”.
Ci si aspettava che da subito il Presidente Solinas e l'Assessore competente Nieddu agissero di conseguenza, attivando misure urgenti consigliate dal Ministero della Salute per scongiurare il possibile diffondersi del contagio in una regione fino ad allora “free zone”, oltre ad attivare uno strumento già esistente, il Piano Pandemia Influenzale Regione Sardegna 2009/2010, emanato con determinazione ministeriale n. 908 del 15/09/2006, che aveva come obiettivo quello di dotare la Sardegna di uno strumento operativo che traducesse nella realtà regionale le indicazioni contenute nel Piano Pandemico Nazionale Influenza, allo scopo di rafforzare la preparazione ad una possibile pandemia attraverso una opportuna programmazione.
Invece l'Assessore e il Presidente sottovalutarono l'emergenza con un atteggiamento a dir poco irresponsabile, sperando nella buona sorte ed invocando l'aiuto di Sant'Efisio, anziché attuare almeno queste misure già stabilite, per tutelare i sardi e in primis gli operatori sanitari, il personale ospedaliero, i medici di base e i pazienti ricoverati nelle strutture sanitarie e altre categorie di lavoratori che operano all'interno di queste strutture: personale delle pulizie, vigilanti ecc.
Detto questo quando il contagio arrivò nella nostra Sardegna ci trovammo in effetti completamente indifesi a causa:
1) della mancata attuazione delle misure previste dal piano
2) della reiterata distruzione della sanità pubblica sarda prodotta da anni di politiche scellerate.
La Sardegna non è minimamente in grado di affrontare nessun tipo di emergenza di tipo sanitario, neanche di portata inferiore a quella che stiamo attraversando. 
Questo lo abbiamo purtroppo vissuto sulla nostra pelle, pagandone le conseguenze non solo oggi, ma da decenni.
Il depotenziamento delle grandi strutture ospedaliere e le chiusure di ben undici piccole, che in questo frangente sarebbero state salvavita per la popolazione di quei territori, solo oggi sembrano vestirsi, per i più, del grave significato politico ma soprattutto umano che hanno.
Recentemente abbiamo infatti assistito all'exploit: con la mancanza di posti letto in terapia intensiva, con la grave carenza di rianimatori ed anestesisti, nell'impossibilità di intervenire nelle urgenze, nemmeno col tanto decantato e sopravvalutato (nonché costosissimo!) servizio di elisoccorso.
Ricordiamo, a tal proposito, la recente tragedia occorsa ad una giovane Maddalenina che ha perso la sua bambina, a causa della mancata tempestività di azione dell’elicottero, che non era pronto a decollare.

La situazione oggi è indescrivibile, surreale. Tutta la sanità pubblica sarda sta implodendo sotto l'incompetenza e la malafede di una classe politica e dirigente passata e presente che, come un anti Robin Hood, sottrae soldi e servizi al settore pubblico per elargire al privato.
Gli ospedali e tutte le strutture sanitarie e di cura sono diventati i luoghi a più alto rischio di contagio, qualsiasi visita (controlli, esami, follow-up) e molti interventi chirurgici sono stati rimandati (persino oncologici), lasciando i pazienti a sé stessi.
Caminera Noa propone di bypassare e contemporaneamente sbloccare questa situazione, anche in previsione del momento in cui si dovrà affrontare la fase 2, ovvero l'allentamento del blocco totale che permetterà un primo riavvio dell'economia, della vita sociale e produttiva: proponiamo un piano di screening a tappeto, con tutti i mezzi a disposizione, tamponi, test e tutto ciò di cui si dispone allo stato attuale, partendo ovviamente dalle categorie in prima linea nel fronteggiare l'emergenza e dalle categorie a rischio, che spesso coincidono.
Operatori sanitari, volontari dei servizi di primo soccorso, professionisti sanitari che operano in case di riposo, di cura, in strutture di riabilitazione, strutture nosocomiali, lavoratori ausiliari, addetti alle pulizie, di vigilanza e tecnici ospedalieri, medici di base, impiegati in filiere per la produzione di generi di prima necessità; e poi le categorie a rischio, che vedono primariamente anziani, soggetti immunodepressi, soggetti con comorbidità senza dimenticare i carcerati e il personale addetto nelle strutture penitenziarie.
 Il piano di screening potrebbe permetterci la riapertura graduale e monitorata; contemporaneamente tutelerebbe sia i soggetti non infetti, che potrebbero riprendere le loro attività quotidiane, sia i soggetti a rischio e gli eventuali asintomatici.
L’Istituto Superiore della Sanità consiglia fortemente questo approccio e ricordiamo inoltre che altre regioni, come la Toscana, il Veneto e l'Emilia Romagna (eccellenze nella sanità pubblica a cui destinano la maggior parte delle proprie risorse) pur non essendo come invece è la Sardegna regioni a Statuto speciale e quindi non dotate di autonomia e possibilità normative e legislative, stanno già attuando progetti di screening mirati proprio all'intento di tutelare i loro cittadini, sia dal punto di vista sanitario sia, in prospettiva, dal punto di vista economico e sociale.

Dove possiamo reperire i fondi necessari per l'attuazione di un simile progetto? Oltre che coi finanziamenti già previsti allo scopo dal Ministero della salute, oltre a poter usufruire di parte dei fondi già destinati dal bilancio regionale alla sanità pubblica e privata, la regione Sardegna potrà dotarsi di tutto l'occorrente (macchinari, personale medico dedicato, kit diagnostici appropriati) usando i fondi destinati al Mater Olbia e alle altre cliniche private foraggiate con fondi pubblici, bloccando e fiscalizzando i fondi già stanziati per il biennio 20-21 e approvati all’unanimità nel luglio 2019 (legge "Prima variazione di bilancio per l'avvio delle attività del Mater Olbia") che ammontano a circa 130 milioni di euro.
Queste riflessioni e la nostra proposta ci ricollegano ad un altro quesito politico che, come Caminera Noa, poniamo con apprensione al Presidente Solinas in merito anche alla dichiarazione di stato di emergenza da lui stabilita per il 31 luglio: basandosi su quali parametri e informazioni, che forse non sono a conoscenza della popolazione sarda, abbia stabilito quella data.
Non ci risulta finora l'esistenza di nessun piano regionale di rientro, dalle attuali misure di contenimento, per passare dall'attuale fase 1 alla fase 2, della ripresa graduale sanitaria, sociale ed economica della Sardegna, in particolare riguardo il settore turistico che a quella data sarebbe dovuto essere in piena attività.
Tutto questo ci preoccupa e ci insospettisce, anche alla luce del fatto che nonostante la situazione emergenziale i lavori alla RAS continuano su altre tematiche, “altri lidi” evidentemente considerati dalla Giunta Solinas, più urgenti e prioritari, rispetto alla situazione sanitaria che stiamo affrontando.
Chiediamo al Pres. Solinas se le nostre preoccupazioni siano fondate e che qualcosa di pericoloso e strisciante si sta costruendo a scapito dell’intera comunità Sarda, procedendo in silenzio, nell'indifferenza generale e approfittando di questa piaga sanitaria, economica e sociale, su cui l'attenzione della popolazione è concentrata e distratta.