In questo periodo di “corsa” alla solidarietà verso i rifugiati e gli emigrati caucasici, provenienti dall’Europa in guerra, ci chiediamo come ci si possa scordare di chi da decenni vive la stessa condizione ma, viene spesso ignorato se non addirittura osteggiato, pur provenendo da Paesi poveri o in guerra, che sentiamo “lontani” e dove riguardo l’accoglienza e gli aiuti umanitari, il colore della pelle ha un ruolo di non poco rilievo solo perché è un po’ più scura della nostra? (in Sardegna e nel sud Italia si fa per dire!) o perché questi migranti non ci chiedono armi, ne elogiano le gesta belliche della NATO?
Emblematica la storia appresa di recente dagli organi di stampa di un migrante senegalese che vive a Sassari dal 1990, stimato e ben voluto dalla comunità, ma che da tre anni ha una “spada di Damocle” sulla testa a causa di un ingiusto decreto d’espulsione. La sua unica “colpa” è quella di non aver dimostrato come si manteneva per vivere, cosa comune ad un terzo della popolazione nativa sassarese, situazione emersa nel momento in cui dovendosi occupare di un fratello, commerciante in regola, affetto da cancro, (poi deceduto) ha scordato la macchinosa burocrazia italiana, tra cui il rinnovo del permesso di soggiorno. Allontanato a Brindisi in uno dei tanti infernali CPA, è rientrato a Sassari clandestinamente con il sostegno e la solidarietà di alcuni avvocati e di tante e tanti concittadini che lo conoscono e lo stimano. La sua situazione è davvero kafkiana, non potrebbe stare a Sassari, ma nel contempo non gli vengono forniti i documenti dalle autorità per riconquistare il diritto e la dignità di cittadino ed eventualmente rientrare nella propria terra. Ciò ci conferma la poca attenzione riservata a certi gruppi etnici, rispetto ad altri, solo perché provenienti da aree geografiche nelle quali la guerra e la fame le abbiamo create noi occidentali “esportatori di democrazia” che veniamo smascherati nelle nostre contraddizioni, da vicende discriminatorie come questa e molte altre in città, che causano gravi danni a chi li subisce.
Caminera Noa rilancia pertanto con forza la proposta di “Cittadinanza Onoraria Sarda” riservata a chiunque, senza alcuna distinzione di nazionalità o provenienza desideri vivere e lavorare in Sardegna. Un progetto finalizzato a garantire alcuni diritti fondamentali ai nuovi sardi che però, a causa delle restrittive leggi italiane, non godono di alcun diritto.
Luana Farina Martinelli
Coordinatrice natzionale di Caminera Noa
Tatari, 11 abrile de su 2022