Caminera Noa Denuncia le Condizioni Disumane del Carcere di Bancali a Sassari

Il carcere di Bancali è al centro di una preoccupante denuncia da parte dei detenuti comuni. Dopo la tragica morte di Erik Masala, un giovane di 26 anni trovato senza vita nella sua cella, i detenuti hanno deciso di rompere il silenzio e far sentire la propria voce al mondo esterno attraverso una lettera recapitata in una delle abitazioni del centro storico di Sassari.

Cristian Augusto Grosso, rappresentante del movimento per l’autodeterminazione della Sardegna, Caminera Noa, ha dichiarato: «Questa lettera ha abbattuto il muro che separa la società criminale dalla sua “università del crimine”, il carcere». Il carcere, secondo Grosso, rappresenta un meccanismo autoassolutorio per la società, che nasconde la vera natura dei reati in una società che necessita di una seria riflessione sulla violenza e i crimini da essa stesaa generati.

Grosso ha inoltre evidenziato come il problema del sovraffollamento carcerario in Sardegna sia alimentato dalla periferizzazione dei detenuti, trasformando il territorio sardo in una vera e propria colonia penale. Questo fenomeno ha aperto la porta all’infiltrazione di organizzazioni criminali come la ‘ndrangheta e la Camorra, specialmente nelle zone costiere e nelle città turistiche dell’isola.

Il rappresentante di Caminera Noa ha sottolineato come in questo contesto si affermi l’idea di punire attraverso il regime di tortura del 41 bis “i crimini politici”. Questo rafforza la tendenza dello Stato a etichettare i detenuti come “anormali” o “mostri”, ignorando le sfide umane che affrontano dietro le sbarre.

La denuncia proveniente dal carcere di Bancali è di fondamentale importanza. Non possiamo rimanere indifferenti di fronte alle sofferenze di individui costretti a condividere piccole celle sovraffollate, a infliggersi lesioni per ottenere diritti fondamentali e a lottare contro condizioni di vita disumane che spesso portano al suicidio.

Caminera Noa si unisce al coro di voci provenienti dal carcere di Bancali, chiedendo la rottura del silenzio e la fine della periferizzazione dei detenuti. Sottolineiamo l’importanza di superare l’idea che la galera sia un’istituzione necessaria nella nostra società.

Coordinamento Natzionale di Caminera Noa
Sassari, 28 de Santu Aìne 2023


Lettera dal carcere di Bancali

«Da lì fuori voi non potete neanche immaginare cosa ci sia qua dentro.

Partiamo dal fatto che il Tribunale di Sorveglianza è totalmente assente, non ci viene concesso nessun beneficio, nonostante ci siano molti con le carte in regola, né affidamento ai Servizi Sociali, tantomeno domiciliari. Qua dentro la situazione è al collasso; Ci sono 5 o 10 persone in ogni cella, siamo stipati come bestie, chi non ha soldi qua fa la fame. C’è sporcizia ovunque, per non parlare del problema delle persone che tentano il suicidio o che si tagliano per ottenere dei diritti anche minimi. Ci sono un gran numero di persone con problemi psichici, una marea di tossicodipendenti e un totale degrado sia strutturale che di organizzazione. Non c’è solo il 41bis, ci siamo anche noi detenuti comuni con pene basse da scontare ai quali non viene concesso nulla. Non c’è lavoro per nessuno. Se non hai i soldi, non puoi neanche bere acqua.

Chiediamo a gran voce di far sentire anche il nostro grido di disperazione: non c’è nulla di rieducativo qua a Sassari, se non 600 persone buttate nelle luride celle a non fare nulla tutto il giorno. Questo non è rieducare, ma indurre una persona al suicidio. Di noi non si parla mai, ma vi garantiamo che qua è l’inferno. L’articolo 27 della Costituzione italiana è stato completamente violato: siamo murati vivi, una chiamata settimana, controlli pressoché giornalieri per destabilizzare la mente. L’unica cosa che c’è in abbondanza è il metadone, gli psicofarmaci e qualsiasi tipo di sostanza per tenerci sedati.

Vi ringraziamo e speriamo di essere ascoltati, almeno da voi.»