Manifesto Politico di Caminera Noa


Dal soggetto-progetto al movimento organizzato. 
Proposta politica approvata nel corso dell’Assembela plenaria di Bauladu il 23 gennaio 2022
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1^Bozza pubblica del Manifesto Politico di Caminera Noa

Il presente Manifesto è il frutto di una discussione collettiva iniziata il 23 aprile del 2017 nell’assemblea pubblica di S. Cristina di Paulilatino e proseguita democraticamente e pubblicamente sia nel corso di tre assemblee plenarie che tramite mailing-list a cui sono iscritti tutti i partecipanti al percorso “Caminera Noa”.

La riunione del Coordinamento Organizzativo tenutasi lo scorso 8 aprile 2018 a Oristano, nei locali della libreria Librid, ha deciso all’unanimità, di rendere pubblica la bozza del Manifesto per garantire a tutti e tutte di poterlo leggere e poterci ragionare sopra. Il Manifesto è in ogni caso sempre emendabile e modificabile in tutte le sue parti mediante l’esercizio del diritto democratico di ogni attivista di Caminera Noa di partecipare alle prossime assemblee plenarie e/o di inviare proposte di emendamenti alla mailing-list.

Ciò che non è modificabile né emendabile sono i valori fondamentali su cui si fonda il soggetto-progetto Caminera Noa (antirazzismo e antifascismo; autodeterminazione nazionale e diritto a decidere; sostenibilità; superamento del sistema liberista e del capitalismo) e il metodo democratico finora applicato basato sulla partecipazione diretta, sulla pluralità e sulla trasparenza.

Caminera Noa è un soggetto-progetto in cui trovano piena legittimità i migliori aspetti e le battaglie del pensiero e della pratica indipendentista, ecologista, femminista, socialista e pacifista saldando insieme il progetto di compiuta sovranità nazionale dei sardi con il superamento del sistema neo-liberista e dell’economia capitalista in generale. È uno spazio che si propone di alimentare tutti i conflitti e le resistenze presenti in Sardegna.

La nostra terra versa in una crisi economica, sociale e culturale senza precedenti. Le attività industriali sono al collasso, il nostro patrimonio linguistico va verso l’estinzione, le terre sono abbandonate, i mari saccheggiati, molti paesi si stanno spopolando, i saperi artigiani esaurendo e quasi tutto ciò che produce ricchezza è in mani straniere o condizionato da leggi ingiuste.

Il sistema economico/politico al potere si è consapevolmente e vergognosamente avvantaggiato della situazione di crisi con l’unico scopo di creare un regime clientelare sfacciatamente subalterno e privo di alcuna garanzia democratica. Non è un caso che la Sardegna abbia la peggiore e la meno democratica legge elettorale fra tutte le regioni della Repubblica.

Diritto a decidere. È urgente uscire dal processo di “periferizzazione” a cui la Sardegna è stata condannata da decenni di politiche servili e per ottenere tale risultato è necessario lavorare ad un programma di progressiva emancipazione e autodeterminazione del popolo sardo.

Emancipazione e autodeterminazione significano in sostanza diritto a decidere sulle questioni fondamentali che riguardano la nostra terra e il nostro popolo come per esempio occupazione militare ed energia, salvaguardia della lingua sarda, trasporti e spopolamento. Oggi i sardi non possono decidere nulla e anche se avessimo un governo regionale sensibile a queste tematiche tutto si arenerebbe nella palude dell’ “interesse nazionale”, ossia italiano.

Diritto a decidere, quindi democrazia, quindi sovranità sono tutti valori fondamentali completamente accettabili anche da chi ritiene di dover un giorno votare no al referendum per l’indipendenza. Infatti lo stesso diritto all’indipendenza statuale tramite esercizio di voto è un diritto democratico di ogni popolo che nessuna carta costituzionale può dichiarare impossibile.

Il centralismo statale ha distrutto, e non solo in Sardegna, possibilità di sviluppo sull’altare di interessi che nulla avevano a che fare con quelli delle popolazioni.

La Sardegna vive una condizione di “colonia interna”. L’isola è governata in funzione di bisogni non suoi e attraverso una borghesia locale che definivamo “compradora” perché, in base ai propri interessi, veicola scelte che aumentano la sua dipendenza, attraverso il perdurare dello scambio diseguale e della trasformazione della nostra terra in piattaforma militare ed energetica.

L'isola, con la sua storia, si caratterizza con processi stratificati di colonizzazione molto evidenti.

I diversi modelli di sviluppo imposti alla Sardegna dal dopoguerra non hanno nulla a che fare con la vocazione del suo popolo e del territorio; non si è trattato di sviluppo ma di modernizzazione capitalista che distrugge altre potenzialità di verticalizzazione, anche industriale, di risorse locali.

Il processo di colonizzazione della Sardegna è passato anche attraverso il taglio della lingua materna tra i bambini. La scuola italiana è stata uno strumento micidiale perché la programmazione ministeriale non ha mai contemplato l’uso del sardo, condannando la nostra lingua e, conseguentemente la nostra cultura e la conoscenza della nostra storia, ad una lenta ma inesorabile agonia.

Caminera Noa riconosce e fa propri i seguenti punti politici che rappresentano anche la condizione minima per poter intessere qualunque tipo di relazione con qualunque soggetto a livello sardo e internazionale:

1. Riconoscimento della Nazione Sarda. Il Popolo sardo è una nazione senza stato attualmente facente parte dello Stato italiano. Tale condizione è modificabile e storicamente determinata.

2. Riconoscimento del diritto all’autodeterminazione nazionale. Il Popolo sardo – così come tutti gli altri popoli del mondo – ha il diritto di decidere il proprio futuro e di esercitare la propria sovranità stabilendo quale sia l’opzione politica e statuale maggiormente conforme ai propri interessi. Ciò comporta la possibilità per il popolo sardo di potersi battere per il rafforzamento dell’autonomia e l’ampliamento dei poteri in mano alle istituzioni sarde; la richiesta di un percorso di riforme dell’assetto istituzionale dello Stato italiano (abolizione del principio di indivisibilità della Repubblica espresso nell’art.5 della Costituzione con conseguente avvio di un processo costituente “tra pari”, per la trasformazione dell’attuale assetto istituzionale in senso federale); il perseguimento di una Repubblica Sarda indipendente, senza l’esclusione di una libera confederazione di popoli del Mediterraneo.

Tutte le opzioni sono egualmente perseguibili e nessuna può e deve essere estromessa dal dibattito.

Un nuovo modello economico. Il neoliberismo è la risposta delle oligarchie al potere ad ogni tentativo di ridistribuire in modo più equo la ricchezza prodotta. Lo slogan “meno Stato e più mercato” insieme a quello “non c'è alternativa” e “ce lo chiede l'Europa” sono i capisaldi di questa ideologia.

Il neoliberismo privatizza i profitti, che vanno sempre meno ai lavoratori e sempre più ai padroni, e socializza le perdite. Quando una grossa banca accumula miliardi di euro di debiti deve intervenire lo Stato, che “la salva”, perché così “si salva il sistema”.

Il neoliberismo ha fatto un passo in avanti. Non solamente ha attaccato ogni settore economico che prima sembrava non dovesse sottostare alle regole del capitalismo (dall'acqua ai trasporti, dalla scuola al vento) ma è divenuto una ideologia presente nel nostro modo di pensare e di agire quotidiano che regolamenta ogni aspetto della società e momento della nostra vita. Oggi crediamo che tutto si possa comprare: la felicità, l'amicizia, l'amore.

Di fronte a questa terribile realtà ci battiamo con pazienza e determinazione per il superamento del modello neoliberista e insieme del sistema capitalista che ne sta alla base.

Il mutualismo. In Sardegna lo sfruttamento è doppio, perché al regime liberista si salda quello coloniale. Ma non basta condannare questo stato di cose, è necessario cambiare la prospettiva politica con le nostre forze e per questo motivo ci dobbiamo riconoscere nel fare.

In una fase storica in cui ci vogliono far credere che la politica abbia solamente un’accezione negativa, legata al rubare ed al perseguire interessi individuali, vogliamo dimostrare con l'esempio, e non solamente con il pensiero e le posizioni politiche, che l'unico modo per il popolo sardo per cambiare la propria condizione di subalternità è creare legami di solidarietà e di contro-potere capaci di incidere nel dibattito politico, in una concreta prospettiva di autogoverno del territorio e di avanzamento di conquiste sociali.

Caminera Noa fa propri gli esempi virtuosi di mutualismo che molti di noi già praticano, allargandoli e proponendone altri.

Riprendersi le ricchezze. Ma il mutualismo di base ovviamente non basta. La Sardegna ha risorse capaci di creare un livello di ricchezza che le permetta di far condurre una vita dignitosa ai suoi abitanti, senza comprometterne l'ambiente, e di contribuire ad una dinamica positiva delle relazioni economiche e sociali a livello internazionale. La Sardegna ha un clima favorevole e fattori produttivi estremamente ricercati: terra, sole, vento, saperi, conoscenze, expertise nelle nuove tecnologie, ma ha vissuto in questi secoli uno stratificarsi di diseconomie, rispetto alle quali è arrivato il momento di invertire la rotta.

Pensiamo all'energia. Il futuro è del vento e del sole. Perché la ricchezza di queste fonti di energia deve essere accumulata e dispersa in luoghi lontani dalla Sardegna?

Si pensi a tutto il settore primario. Perché non iniziare un ragionamento strategico nel quale tutte le “agricolture” trovino uno spazio, da quelle di sussistenza a quelle più orientate all'esportazione? Agricoltura in questa prospettiva deve acquistare un significato capace di andare oltre la mera valenza economica per includere anche la custodia e la cura del territorio.

Si pensi al vantaggio comparato che la Sardegna ha nel settore delle nuove tecnologie.

Perché non collegarlo ad ogni aspetto del vivere comune, a partire dall'industria?

Noi siamo per l'industria. Industria sana, che produca ricchezza. Dobbiamo chiudere con una fase di sviluppo industriale che non ha portato grandi risultati, per inaugurarne una nuova che risponda alle necessità del territorio e della sua popolazione. Ogni settore economico, ogni intrapresa devono essere affrontato con un’ottica generale, senza che si lasci spazio alle dinamiche becere e distruttive del mercato. Lo scriviamo pensando al turismo che deve essere un’opportunità per un lavoro sano, pulito, ben pagato, capace di portare ai luoghi che si visitano, benessere e qualità della vita. Altrimenti è una nuova servitù.

Caminera Noa riconosce e fa propri i seguenti punti politici che rappresentano anche la condizione minima per poter intessere qualunque tipo di relazione con qualunque soggetto a livello sardo e internazionale:

1. Sostenibilità ambientale. Ogni processo economico deve essere sensato, sostenibile e compatibile con l’ambiente, le comunità che lo abitano e le risorse trans generazionali che non devono essere intaccate o bruciate in nome della realizzazione del profitto immediato e neanche sacrificate sull’altare della creazione di buste paga.

2. Lotta allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Ogni lavoratore deve essere tutelato fin dal momento della sua formazione professionale e ha il diritto ad un salario che gli consenta di vivere una vita dignitosa.

Le politiche del Mediterraneo e il rapporto con la UE: la Sardegna ha geograficamente rapporti di vicinanza con la sponda sud del Mediterraneo e col Medio Oriente, ma la storia degli ultimi secoli ha reciso questi legami. Un futuro di benessere per i sardi, nei prossimi decenni e secoli, non può avere luogo senza nuove politiche per il Mediterraneo e per tutta l'Africa.

Alla fine del XXI secolo, se non ci saranno guerre catastrofiche o malattie epocali, l'Africa avrà una popolazione di 4 miliardi di persone, circa la metà dell'intero mondo. E noi siamo qua, a poche ore di navigazione da loro.

I temi del Mediterraneo vengono di solito affrontati singolarmente e con un'ottica colonialista.

In realtà, la storia del Medio Oriente e dell'Africa araba degli ultimi decenni, anche per quanto riguarda il suo rapporto con Israele, è strumentale all'affermazione di dinamiche neocoloniali incentrate sul controllo politico-economico e militare di tutta l'area. Dal punto di vista strettamente politico, tre fattori segnano lo scenario dell'area: il petrolio, le migrazioni, la Palestina.

Il petrolio, col suo significato economico, disegna ancora le dinamiche di potere nel mondo, nel Mediterraneo, ed anche in Sardegna (si pensi all'enorme ruolo di Saras).
Una profonda riflessione merita anche la natura dell’Unione Europea (UE) di fronte alla quale la sinistra europea sconta un eccesso di ottimismo ingiustificato. Quanto accaduto a proposito di tre questioni chiave (questione greca, questione ucraina e questione catalana) merita una posizione di posizione netta. Per quanti finanziamenti e opportunità possa garantire la UE con l'altra mano toglie e soprattutto impoverisce: basti pensare alla modifica dell'art. 81 della Costituzione italiana (obbligo del pareggio di bilancio) che ha aperto la strada ai tagli lineari, congiuntamente al patto di stabilità - in territori a bassa densità di popolazione e scarsa penetrazione di capitali privati. In Sardegna ciò risulta ancora più devastante perché tale approccio impedisce all'unico ente (il comune) di poter investire sul suo territorio e ciò contribuisce ulteriormente a impoverire e svuotare le piccole comunità della Sardegna. La UE non è quella unione dei popoli che garantisce scambi commerciali e culturali e la pace (come una propaganda largamente condivisa anche dalla sinistra istituzionale vorrebbe far credere), bensì è l'organo attraverso cui il modello dominante viene imposto ai popoli europei e non solo, viste le politiche neoimperialiste portate avanti finora (basti vedere quanto accaduto in Libia e l'invasione del Niger da parte delle truppe italiane). La UE ha dimostrato il suo vero volto almeno in tre occasioni: nell’imposizione dei memorandum dell’austerity in Grecia contro la volontà popolare del popolo greco, nel sostegno al golpe in Ucraina e con il silenzio assenso della repressione del movimento indipendentista catalano.

Caminera Noa riconosce e fa propri i seguenti punti politici che rappresentano anche la condizione minima per poter intessere qualunque tipo di relazione con qualunque soggetto a livello sardo e internazionale.

1. Antirazzismo. Ci rifiutiamo di avere ogni rapporto con chiunque sostenga le bufale della sostituzione etnica e con chi veicola ignobili tesi suprematiste, islamofobe e in generale di stampo discriminatorio e razzista (“prima i sardi”, “prima gli italiani”, ecc..)

2. Interazione. Riteniamo che gli immigrati, siano essi senegalesi, italiani o slavi, debbano essere messi nelle condizioni di conoscere la cultura e la civiltà dei sardi, a partire dall’alfabetizzazione sulla nostra storia, la nostra lingua e le nostre tradizioni popolari. Gli immigrati rappresentano per noi una potenziale enorme ricchezza culturale e materiale di cui non facciamo uso e in questo senso si deve andare incontro ad un modello di contaminazione reciproca.

Il nostro Programma. Il nostro programma sarà scritto nelle lotte che faremo insieme e non nelle segrete stanze a ridosso delle elezioni.

I fondamentali che tutti gli aderenti hanno discusso nel corso delle assemblee plenarie a S. Cristina di Paulilatino e a Bauladu e nelle diverse occasioni di incontro e di lotta condivisa che abbiamo svolto finora sono i seguenti e costituiscono le coordinate su cui ci impegneremo a fare avanzare nella società il nostro progetto di trasformazione e cambiamento:

Liberare i generi. Il sessismo e il neoliberismo rappresentano la faccia della stessa medaglia, due orientamenti dominanti nella società in cui la mercificazione del corpo trova la sua adeguata funzione. La violenza fisica e psicologica, lo stupro, il dominio materiale e simbolico, i ruoli di genere ancora rigidi sono elementi che rappresentano il contorno di un processo più ampio di sopraffazione e neutralizzazione della soggettività di ciascun individuo.

Vogliamo costruire una nuova strada in cui l'emancipazione delle donne vada di pari passo con l'abbattimento dei ruoli di genere anche per gli uomini, al fine di essere politicamente protagonisti delle comunità sarde come individui autodeterminati che mirano al superamento del capitalismo e, coerentemente con una prospettiva di emancipazione collettiva, all'autodeterminazione del popolo sardo.

Liberare la Sardegna. Lavoriamo per una comunità che vive in Sardegna in cui viga il pieno riconoscimento ed esercizio del diritto all’autodeterminazione, all’autogoverno e all’autodecisione di tutti i cittadini sardi. Vogliamo una compiuta democrazia dove tutte le opzioni politiche che riguardano il futuro della nazione sarda siano possibili senza ostacoli o diktat esterni.

Liberare lavoro e ridistribuire la ricchezza. Abbiamo un doppio compito: partire dalla difesa e dal rilancio delle lotte dei lavoratori per una attività che crei ricchezza sociale rispettando l’ambiente, la sicurezza e la dignità e contemporaneamente costruire un nuovo modello economico compatibile con le risorse dell’isola e la cultura dei sardi. Partiamo dal contrasto alle nuove forme di schiavitù e sfruttamento anche all’interno delle stesse istituzioni pubbliche (tirocini, lavoro precario e a tempo, cottimo) per rilanciare politiche lavorative innovative, ben retribuite che siano reale espressione delle esigenze dei territori e dalla valorizzazione di quella miriade di “partite iva” e piccole, minuscole imprese che animano il tessuto produttivo sardo, spesso vessate dalla burocrazia statale e dalla pesante tassazione. Ma dobbiamo anche finalmente entrare nel merito della questione fiscale.

Dobbiamo avere il coraggio di reclamare una piena applicazione dell’articolo 8 dello Statuto, che, come è noto, assegna alla Sardegna alcune quote del gettito fiscale, ma anche formulare un modello diverso di tassazione nazionale sardo e progressivo.

Il modello economico liberista favorisce i ricchi e impoverisce le fasce più deboli, perciò va superato a partire da un nuovo modello di tassazione sovrana progressiva. Non solo vertenza entrate dunque, ma anche un nuovo modello fiscale in cui il popolo sardo abbia la possibilità di ridefinire le aliquote, a partire dall’imposta sul reddito, e di decidere come impiegare le entrate per l’acquisto di beni e servizi.

Liberare i beni comuni. Siamo vittima di un furto seriale di diritti e beni comuni: istruzione, sanità, ambiente, spazi pubblici, paesaggio, acqua, aria, sole, vento,terreni civici. Non è un caso che in Sardegna esistano decine di comitati impegnati nella difesa dei beni comuni contro i continui tentativi di privatizzazione, speculazione, furto, svendita.

Liberare le lingue. Le lingue di Sardegna (sardo, lingue sardo corse, algherese e tabarchino) non sono solamente un enorme bene immateriale su cui affondano le nostre radici, ma sono anche una gigantesca occasione di crescita economica e potenziale volano per il rilancio dell’isola. Vogliamo promuovere lo studio delle lingue e della storia sarda nelle scuole e nelle Università dell'Isola e l'utilizzo effettivo della nostra lingua nelle amministrazioni e in ogni spazio pubblico. Ciò vale anche per le lingue delle minoranze etniche che ospitiamo nella nostra terra. Vogliamo valorizzare il nostro patrimonio culturale, linguistico e storico e metterlo a disposizione di chiunque scelga di trascorrere la sua vita o un periodo della sua vita nella nostra isola.

Liberare la pace. Caminera Noa aderisce al percorso politico dell’Assemblea Sarda contro l’occupazione militare A Foras per smantellare tutte le basi e i poligoni militari e le fabbriche di armi, per una terra finalmente liberata dalla guerra, dall’Esercito Italiano e dai suoi alleati.

Come? Il come dare gambe al nostro progetto non è né secondario né estraneo ai contenuti stessi che vogliamo veicolare. Una riforma democratica proposta da una organizzazione antidemocratica non è credibile, allo stesso modo un progetto indipendentista proposto da una organizzazione dipendente in tutto e per tutto dai poteri che colonizzano la nostra terra è il segno di un marketing elettorale e niente più.

Per questo Caminera Noa nasce dal bisogno di una autoriforma del modo in cui tutti noi abbiamo finora fatto attività politica e sociale. Non ci siamo proposti di costruire un nuovo partito né un movimento a guida personale e neppure una organizzazione dove a decidere siano sempre gli stessi o dove la democrazia sia solo il velo dietro al quale regnano le medesime logiche oligarchiche di sempre. Abbiamo deciso di avviare un percorso di condivisione realmente democratico e plurale. Gli strumenti di azione politica riconosciuti dalla piattaforma sono: l’adesione alle mobilitazioni popolari, la lotta democratica e la partecipazione alla vita politica del nostro Paese (la Sardegna) attraverso il governo delle istituzioni della nazione sarda.
Tutti gli organi del soggetto politico a cui la piattaforma intende dar vita saranno definiti da uno specifico documento organizzativo, elaborato, discusso e votato dai delegati dell’assemblea che faranno parte della “costituente”, i quali avranno il compito di elaborare una proposta di organizzazione del nuovo soggetto politico (es. assemblea plenaria, assemblee territoriali, sezioni) e i rispettivi ruoli al suo interno (es. portavoce, presidente, coordinatore, tesoriere ecc.). Tali proposte saranno riportate all’assemblea plenaria – che resta l’organo sovrano della piattaforma – entro un periodo non superiore a sei mesi. Medesima dinamica sarà prevista per la scelta del nome e del simbolo del movimento.

Caminera Noa userà tutte le tecnologie utili a favorire la partecipazione dei suoi aderenti ma non userà mai le tecnologie per soppiantare la democrazia reale con quella virtuale.

Tutti gli organi del soggetto-progetto dovranno necessariamente essere presieduti/coordinati/composti da persone di genere diverso.

Con chi? Caminera Noa non è il primo percorso a porsi nell’ottica della costruzione di una società sarda libera, autodeterminata e giusta socialmente e immaginiamo non sarà neanche l’ultimo. Siamo disponibili a collaborare e a costruire reali percorsi comuni sulla base dei nostri valori fondamentali (sostenibilità orientata da sensatezza e buonsenso, antirazzismo e antifascismo, autodeterminazione nazionale e diritto a decidere, superamento del liberismo e del capitalismo) e su un piano di reciprocità democratica dove il criterio fondamentale sia la democrazia, il carattere negoziale di ogni decisione e il massimo coinvolgimento dell’attivismo di base. Siamo disposti a intraprendere percorsi di condivisione anche con tutte quelle realtà internazionali e non sarde che condividano con noi principi e valori fondamentali. Non siamo disposti invece a subire rapporti di subalternità e a perdere o svuotare in alcun modo l’indipendenza delle nostre assemblee democratiche in nome di presunti vantaggi tattici o beni superiori. L’unico bene superiore che riconosciamo è quello della democrazia reale su cui si basa la novità del nostro percorso.

Per cosa? Noi vogliamo cambiare la società sarda con il nostro impegno sociale e avanzando proposte politiche di rottura con l’attuale sistema di subalternità e sottomissione. I metodi per farlo sono tanti e in ogni caso la prospettiva su cui dobbiamo lavorare è di lunga durata. Pertanto l’adesione alla Piattaforma è vincolata alla condivisione dei principi enunciati nel presente documento, alla partecipazione alle lotte decise nelle plenarie e alla partecipazione alle plenarie medesime. L’eventuale partecipazione o non partecipazione alle elezioni è questione di decisione democratica in plenaria e a riguardo non sono ammessi veti di nessun tipo.